Questa virtuosa storia di cucina si deve ai trascorsi di un amico di famiglia dall’invidiabile cervello. I suoi esordi da ingegnere biomedico lo portarono a Mirandola, distretto biomedicale più importante d’Europa. La mente fina avrebbe poi preso a farla spola tra il Minnesota e Milano, prima però ci introdusse Sua Maestà la corona. Orbene, non si tratta di chissà quale ignoto alimentare, molti la conoscono. Io non ne sapevo nulla, al pari dei molti ai quali la avrei poi servita.

In sintesi: la corona è maiale ripieno di maiale farcito con maiale. Una figata, per chi ha l’inclinazione. Tecnicamente il nome della pietanza è «corona di carré di costine di maiale». La cottura è banale e l’assemblaggio non scontato: se comprate la corona già cucita, marinata e aromatizzata il problema non si pone. Dalle mie parti facciamo una gita al macellaio di Mirandola ogni anno.

In ogni caso, per chi vuole far da sé: un carré da 10 pezzi di costolette di maiale, con una lama affilata staccatela carne per 4 centimetri dalla parte alta dell’osso. Marinate così come vi aggrada (timo, rosmarino, cumino, olio, birra). Disponete le costine l’una vicino all’altra formando un cerchio. Assicurate le giunture con spago da cucina. Il macellaio di Mirandola - siamo al non plus ultra - fodera interni e “top” della corona con fette di pancetta tagliate al coltello. Avvolgete il trionfo suino in carta da forno, chiudete l’estremità superiore del cartoccio sempre con lo spago e ponete il tutto in una casseruola a bordo alto dove la corona risulti costretta. Infornate a 220 gradi, modalità grill, per mezz’ora. Abbassate la temperatura a 180, forno ventilato, altre due ore di cottura. C’è chi non accartoccia, un suicidio: la carta forno preserva la morbidezza della carne (sorprende quanto possa essere tenera una corona fatta come si conviene). A fine cottura scartocciate e tagliate il diadema in 10 spicchi - uno per costina -, cospargete la meraviglia col grasso raccolto dalla carta forno e con i residui che incrostano la pirofila. Servite.

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C’è chi fodera la corona con cavolo rosso, chi la accompagna con sughi di cottura lavorati dopo i 150 minuti in forno, chi imbastisce guarnizioni a base di kumquat, salsa di amarene con whisky e miele. Lasciate perdere: deve essere porco più porco più porco sciolto. Accompagnate, semmai, con patate al forno. Meglio un purè di livello per lenire il tutto (i contorni non devono interferire sul sapore del piatto). Una cucchiaiata di senape non stona.

Pensavo che un piatto così semplice sia la perfetta nemesi di un ingegnere biomedico. Chissà perché quei cervelloni sono finiti a Mirandola, orgogliosa provincia modenese.

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corona di maiale

Corona di maiale, il non plus ultra suino